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La cura ai tempi del Covid-19

Prendersi cura dei più fragili. Anziani, disabili e caregiver familiari nella pandemia

Antonio Pinna

La pandemia del COVID-19, che ci ha colpiti senza preavviso a marzo dello scorso anno, ha stravolto la vita di ognuno di noi, costringendoci a trasformare la nostra quotidianità e a confrontarci con il nostro senso di impotenza e fragilità. Ciò che ci era familiare ha lasciato il posto all’ignoto, ad un nuovo modo di vivere che ci ha chiesto di rinunciare ad abbracciarci, toccarci, sentirci vicini e a dover limitare la nostra libertà personale. Le nostre abitudini che prima includevano l’altro si sono trasformate in una sua esclusione, indotta dalla necessità di proteggerci e a proteggerlo. Per animali sociali come noi questo ha rappresentato una vera e propria deumanizzazione.


La pandemia, però, non è stata solo un’emergenza medica ma anche sociale. Tra le mura delle case sono racchiuse persone già vulnerabili, che si sono trovate ad affrontare un’esperienza di estrema difficoltà senza mezzi, aiuti e strumenti con cui farvi fronte. Tra questi ci sono i disabili, gli anziani, gli emarginati, i soli e tutti coloro che soffrono di patologie fisiche e psichiatriche. I più fragili insomma. E a loro chi ha pensato? Di questo delicato tema tratta il volume scritto da Antonio Pinna, un ex giornalista che ha dedicato parte del suo percorso ai malati di Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), il quale ha denunciato con estrema sensibilità e professionalità le difficoltà che queste persone si sono trovate a vivere.


Dopo aver ripercorso lo sviluppo e la diffusione del virus in Italia, l’autore inizia il viaggio riportando le terribili condizioni che hanno travolto le RSA, nonché i pazienti e gli operatori al loro interno. "...Ciò che sta accadendo nelle RSA, persone di fatto recluse e private della partecipazione alla vita affettiva, è un abuso che riguarda tutti...". Queste sono le parole gridate a gran voce dai familiari di persone già di per sé costrette a vivere una condizione di isolamento, malattia e lontananza dagli affetti, che si sono trovate impossibilitate a usufruire di aiuti e mezzi di protezione.

Proseguendo con la lettura l’autore delinea tutte quelle problematiche che i più fragili si sono inevitabilmente trovati ad affrontare, sentendosi emarginati e spaventati.


Per coloro che soffrono di disabilità e patologie anche solo fare la spesa è diventato un motivo di rischio: è il caso di Lucia, donna con disabilità motoria, che da un giorno ad un altro si è trovata a dover aspettare tre lunghe settimane per ricevere la spesa a casa. Non meno grave è stata la chiusura dei centri diurni: anziani e giovani fragili si sono trovati costretti a rinunciare ad un momento di socialità e crescita per loro essenziali, scontrandosi con una solitudine sconosciuta che li ha portati ad un importante scompenso emotivo. Per un malato di Alzheimer la pandemia ha rappresentato la chiusura totale dei Cafè Alzheimer e dei centri diurni e la rinuncia alla possibilità di stare all’aria aperta. Come si può immaginare il peso della difficile situazione è ricaduto sui caregiver che si sono trovati a dover rinunciare all’improvviso ai propri e necessari momenti di svago, lasciando il posto ad una convivenza forzata h24, andando incontro ad un rischio sempre più elevato di burn out. Come far fronte a questo? Cercando di costruire piccole routine quotidiane e attività insieme ai pazienti, come apparecchiare, decidere cosa mangiare e, dove possibile, andare in giardino e in terrazza, suggerisce l’autore.


È proprio sulla figura dei caregiver che Pinna pone il suo accento, descrivendoli come "...Gli allenatori della squadra che diventano coach della famiglia che, colpita da una patologia progressiva incurabile, elaborano il lutto scendendo in campo a favore del familiare non autosufficiente...". I caregiver sono tutti coloro che dedicano la propria vita, con sacrifici e rinunce, per aiutare e sostenere i loro cari colpiti da malattie come l’Alzheimer, e che, troppo spesso, non ricevono dallo stato gli aiuti e i compensi di cui avrebbero bisogno: non più appuntamenti con i medici, scarse possibilità di visite a domicilio, continue richieste di permesso dal lavoro, pazienti gravi da gestire. Il tutto da soli. "...Il peso di un’attività stressante come il lavoro di un caregiver, con un consistente carico orario di lavoro e spesso anche la vigilanza notturna, provoca pesanti conseguenze sul piano psicofisico...", e per tale motivo diviene necessario che "...si invitino i decisori politici a considerare i caregiver familiari come componente informale della rete di assistenza alla persona e risorsa del sistema integrato dei servizi socio-sanitari...".


L'autore non manca di soffermarsi sul riconoscimento dell’importanza delle figure delle badanti, spesso pagate in nero e sfruttate, nonché costrette a prendersi cura di anziani con patologie come l’Alzheimer spesso in mancanza di una qualifica adeguata, non potendo usufruire con certezza di una formazione che le istituzioni dovrebbero finanziare e promuovere.


Un libro crudo ma allo stesso tempo delicato che denuncia e ci pone di fronte ad una panoramica realistica di un mondo in cui i diritti delle persone più fragili devono essere necessariamente difesi. L’allungarsi dell’aspettativa di vita e l’aumento costante dell’incidenza delle patologie.

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