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Alzheimer S.p.A. Storie di errori e omissioni dietro la cura che non c'è

Alzheimer S.p.A. Storie di errori e omissioni dietro la cura che non c'è

Agnese Codignola

2024

È con precisa e felice intuizione che in epigrafe al suo “Alzheimer s.p.a.” Agnese Codignola pone un brano tratto da “I viaggi di Gulliver”: in generale, come è noto, il romanzo di Jonathan Swift è una critica allegorica, satirica, a tratti feroce, della società dell’epoca, con i suoi ideali, i suoi fallimenti, le sue assurdità, e più in particolare le righe messe in evidenza con puntualità dall’autrice descrivono la popolazione degli Struldbruggs, abitanti dell’isola di Luggnagg, destinati all’immortalità ma drammaticamente condannati ad invecchiare, in uno sfondo di malinconiche e irrimediabili dimenticanze.


Il libro di Codignola, giornalista scientifica e farmacologa, è un racconto molto competente e dettagliato e soprattutto avvincente, ricco cioè di “colpi di scena” e rivelazioni proprio come il romanzo appena citato, delle vicende intercorse dalla prima scoperta di Alois Alzheimer sul cervello della sua paziente Auguste, nei primi anni del ‘900 in Germania, fino ai nostri giorni: vicende, scopriamo pagina dopo pagina, inaspettatamente intricate, ambiguamente amministrate, oscuramente divulgate nell’ambito delle comunità accademiche e scientifiche.

Il lavoro di Codignola particolarmente accurato e arduo perché descrive le tantissime occasioni “perdute” e i molteplici rallentamenti (se non proprio ristagni) nella individuazione di possibili strade nella ricerca e dunque di prospettive e rimedi (a dispetto delle ingenti quantità di denaro investito nei decenni e delle pressoché infinite pubblicazioni al riguardo, molte delle quali rigettate dalla comunità scientifica e al contrario di quanto accade, viene più di una volta sottolineato, in altri ambiti altrettanto cruciali quali la ricerca sul cancro e su altre malattie neurodegenerative).

 

Ogni capitolo è un luogo dove, proprio come ne “I viaggi”, le proporzioni tra le cose e la loro interpretazione assumono sembianze quasi grottesche. A partire dalle prime relazioni con le quali Alois Alzheimer, aiutato tra gli altri dall’italiano Gaetano Perusini, dimostrava le peculiarità rilevate sulla sua paziente come quegli “strani” fasci di fibre oggi noti come proteine tau, o quegli ammassi di proteine, ovvero le placche di beta amiloide, attestando in che modo l’intero organo cerebrale venisse compromesso. Proprio intorno alle placche di beta amiloide si sono sviluppate negli anni successivi disparate e spesso poco lungimiranti strategie di intervento e sono state incentivate e finanziate ricerche farmacologiche che si sono poi dimostrate perlopiù inefficaci, se non addirittura dannose (e nel libro vengono elencati con amara precisione numerosi interventi supportati con fervore in ambito accademico e destinati però al fallimento o all’oblio), nuocendo o interrompendo ogni possibile, ulteriore direzione di ricerca. Dunque attraverso una serie di censure, da una parte, e ingiustificati sostegni dall’altra (“La mafia dell’amiloide” si intitola uno dei capitoli del libro), la storia della ricerca sulla malattia dell’Alzheimer si dipana in un intreccio di interessi e investimenti, che da qualcuno viene definito ironicamente come una sequela di “strade verso il nulla”, e in un altro frangente, uno specifico farmaco, viene descritto con sarcasmo in questo modo: “alterando i dati in modo casuale, commettendo errori di matematica che neanche un liceale, sorvolando sui problemi di sicurezza e adottando parametri statistici privi di senso, be’, facendo tutto questo il farmaco si comporta in modo magnifico: nel paese di Fantasilandia” .

 

Il resoconto di Agnese Codignola, attraversando gli innumerevoli eventi intercorsi nella ricerca di antidoti e cure per la malattia è preciso e disincantato, ma allo stesso tempo si dispone a pagine di inaspettato quanto cauto ottimismo quando espone un più recente e rinnovato filone di pensiero che prende in considerazione l’organismo malato e la storia del paziente nell’ intero contesto esistenziale, e lo fa considerando l’incidenza di altre patologie, come ad esempio il diabete, o di virus, dall’herpes fino al recente covid, nonché delle condizioni di vita, sociali, economiche, ambientali, presupponendo in tal modo di poter finalmente orientare la ricerca in più direzioni, con un aumentato novero di opportunità di intervento e dunque, auspicabilmente, verso un possibile successo: in tal senso, ci ricorda nelle pagine finali l’autrice, la rivista “The Lancet” intorno alla fine dello scorso decennio individua con precisione una quindicina di fattori di rischio (dall’ipertensione all’inattività fisica al diabete fino all’obesità, all’alcol, all’inquinamento, per nominarne soltanto alcuni) definendo così, in concorso con l’OMS e con una parte della comunità accademica, un sentiero di impegno e potenziali investimenti in campagne di educazione e prevenzione, in attesa di terapie più efficaci.

Il libro di Agnese Codignola attraversa dunque più di un secolo di tentativi spesso miopi e di conseguenti sconfitte, di rivalità e inspiegabili conflitti tra case farmaceutiche e comunità scientifica, tra presunti taumaturghi e autentici visionari in una atmosfera viziata dall’ambiguità e dalla ambizione e minacciata dalla rassegnazione e alla fine con Swift condivide certo un pensiero assai lucido e sferzante riguardo il complesso scenario di questo  racconto ma di suo aggiunge una altrettanto nitida e “illuministica” speranza.

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