La ladra di cervelli
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Ciriaco Scopetta
2021
Nella presentazione del libro Carlo Verdone, amico dell’autore, racconta che lo scrittore, medico e professore di neurologia, narra la storia di una famiglia nella quale il nonno si ammala di Alzheimer. Da qui parte la descrizione delle reazioni dei familiari, che pur prestando le cure necessarie al malato, non trascurano la loro quotidianità "...Il tema è triste, ma il testo è leggero..." soprattutto grazie all’inserimento di ricordi, avventure, idee e sentimenti dei vari personaggi.
Il tutto si svolge nelle diverse città dove i protagonisti vivono e lavorano; Roma, Parigi, Londra, New York. L’autore inoltre inizia il romanzo rilevando quanto sia difficile selezionare e scrivere ricordi che si affacciano alla memoria in modo disordinato.
Il primo familiare che compare è Roberto, uno dei tre figli del protagonista, Cesare. Il ragazzo ha studiato filosofia, è diventato giornalista e ha vissuto a Parigi per anni assieme a Christine, una bella ragazza di cui si innamora. Vivevano sul lungosenna, frequentavano Musei, cabaret, ristoranti, dove si riunivano artisti, intellettuali, anarchici; sognando un futuro insieme. Poi all’improvviso Christine era sparita senza spiegazioni, forse per non impegnarsi. Roberto ne era uscito distrutto e solo.
La famiglia di Cesare è numerosa; due figli maschi, Alberto e Roberto, e una donna, Elisa; tutti hanno a loro volta dei figli.
L’autore porta l’attenzione a Roma, dove vivono Alberto ed Elisa. Alberto, ingegnere, ama il calcio e la pesca. Elisa è magistrato nella Procura di Roma, ha il marito commerciante e un figlio. Vive sotto scorta perché lavora sempre e bene.
A questo punto lo scrittore si dedica a Cesare, il protagonista. Ha quasi 80 anni e si occupa della gestione giornaliera della sua casa (bollette, pagamenti, spesa. ecc.), mentre la moglie Anna esce poco. La vita di tutti si svolge normalmente tra pranzi in famiglia, partite di calcio con pizza finale, la pesca di Alberto con il padre.
Nel frattempo Anna si accorge che il marito a volte "...Sembra un’anima in pena, mentre per Alberto si comporta… Come se avesse bisogno di più tempo per capire… in gruppo si estranea... ripete le stesse domande...".
Arriva l’estate e si organizzano le vacanze a Scalea, in Calabria, la terra di origine di Cesare, che Alberto chiama la Polinesia del mediterraneo. Si tratta di un paesino medievale quasi disabitato perché difficile da raggiungere. Cesare e Alberto sono particolarmente affezionati a questi luoghi dove era nato il padre di Cesare che era partito per trovare fortuna nell’America del sud. Tornato in Calabria aveva costruito una grande casa con un negozio sotto, dove vendeva di tutto, come in America. Da bambino Cesare era rientrato assieme al padre. Dalla casa si vede il paese, la chiesa e il mare. Cesare ritrova sempre gli amici, i ricordi, ma Alberto capisce che il padre non sta bene; è diventato insicuro con i nomi, ripete le stesse cose, non ricorda "...A Roma dobbiamo farlo vedere...".
Intanto Roberto torna dall’America e guida la macchina del padre nel viaggio di ritorno a Roma. Negli States ha conosciuto Jennifer, che vorrebbe farlo trasferire da Londra in America, anche se lui non è convinto.
In realtà lo scrittore descrive la malattia di Cesare e contemporaneamente si occupa della vita di quella grande famiglia che continua ad affrontare i problemi di ognuno. Si occuperà del nonno il nipote Andrea, laureato in medicina, che ha una rete di amici medici. La visita di Cesare dal neurologo "...Io mi sento bene, ma i figli hanno voluto che facessi un tagliando con lei, come fanno le macchine vecchie...".
La diagnosi è quella di una demenza, probabilmente Alzheimer. Demenza e Alzheimer non sono la stessa cosa; l’Alzheimer è la più frequente delle demenze. Cesare andrà peggiorando negli anni; quanto rapidamente non è prevedibile. Non esistono terapie in grado di rallentare o fermare la malattia "...Possiamo solo aiutare il paziente a vivere meglio...".
Nel frattempo Elisa informa Roberto che è a Londra "...Papà pensa di stare bene... non potrà più guidare... le medicine sono inutili, ma danno un senso alla visita... mamma sa poco... è capitato a decine di famiglie, ma non pensavamo potesse capitare anche a noi. La nostra squadra giocherà sempre compatta...".
Poi Elisa e Alberto rassicurano Roberto, che vuole trasferirsi da Londra a New York, pur avvertendo il peso della sua decisione di lasciare la responsabilità agli altri. "...Siete dei fratelli meravigliosi... Alberto gli scrive... papà è sempre più rincoglionito, ma non sta male... a volte è pigro, a volte irrequieto... ma anche allegro... Non capisce di essere malato...".
Il neurologo spiega che la demenza è rara prima dei 70 anni, meno rara tra i 70/80, frequente da 80 a 90 anni. Riflessione "...Qual è la vera malattia? La demenza o la vecchiaia avanzata? Forse quest'ultima...".
Intanto la vita continua, mentre Cesare legge giornali, guarda la TV con Anna, va a pesca con Alberto, ma lo dimentica subito. Anna chiede al nipote medico "...Ma che malattia è?... il cervello del nonno è come un PC in cui per un po' manca la corrente, quindi non salva alcuni ricordi...".
Nel frattempo Roberto da New York scrive di un’amica, Brenda, che assiste da sola la mamma con l’Alzheimer "...Io pensavo a noi. Guardando chi sta peggio ci si consola...".
Poi un giorno Cesare cade, si rompe il femore, viene operato, e il cervello peggiora. Finora la sua malattia non aveva provocato nella famiglia lo sconvolgimento che tutti temevano "...Papà sta benino, mamma continua a fare quello che ha sempre fatto e anche noi fratelli continuiamo la nostra vita... solo con un fondo di malessere...".
Cesare torna a casa; è peggiorato, quindi serve una badante e un cambio "...Meno male che abbiamo le possibilità...". Cesare sta mentalmente regredendo. La moglie sta invecchiando rapidamente, Alberto cerca di guardare con lui le partite, mentre il nipote Andrea lo cura. Roberto lavora ormai a New York, ma ha imparato dall’amica Brenda che non si deve abbandonare il genitore malato, ma non si può distruggere la propria vita. Infatti Brenda ha ripreso a lavorare come avvocato per guadagnare di più e pagare un aiuto. Ma spesso i figli, pur avendo accudito i genitori, alla loro morte provano un senso di liberazione e per questo si colpevolizzano.
Nel frattempo arriva il Natale e i familiari di Cesare organizzano la cena a cui partecipano anche Roberto e Jennifer. È una cena in piedi dove tutti parlano con tutti "...C’è abbastanza confusione attorno ai nonni...". E arriva l’annuncio che Andrea, il nipote medico, aspetta un figlio dalla compagna, ma anche Roberto e Jennifer avranno un bambino. Mentre tutti commentano le notizie, Cesare non parla, abbozza sorrisi, con lo sguardo assente, poi alzando il bicchiere "...Buone notizie nel giorno di Gesù Bambino...". All’arrivo dell’estate Cesare peggiora; non parla più, non capisce, non si muove, non riconosce i figli "….È vita questa?. No. Per fortuna la decisione non dipende da noi...". Il Neurologo consiglia "...Dovreste fare quello che vorrebbe vostro padre se potesse decidere da solo... preferirebbe morire a casa sua...".
Dopo due mesi Cesare muore mentre Elisa lo accarezza e Alberto e Andrea gli tengono le mani. Ai funerali partecipano tanti parenti e amici, che mangiano e bevono ricordando Cesare. La malinconia lascia il posto ai ricordi, all’affetto, agli scambi di progetti. La riunione per il lutto diventa allegra. Cesare sarebbe felice di vedere tutti sereni. Era una brava persona, aveva vissuto bene e raggiunto la terza età in buone condizioni. Però nella gara tra la demenza e la morte, nessuno sa quale delle due arriverà prima.
Nel film La grande bellezza, il protagonista afferma "…La più consistente scoperta che ho fatto pochi giorni dopo aver compiuto 65 anni è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare...".
Questo libro, che tratta un argomento di per sé triste, termina con pensieri positivi che fanno bene al cuore, perché, come cantava Luciano Ligabue "...La vita è fatta di delusioni, botte e lividi / che nemmeno il tempo è capace di / cancellare. La vita è fatta di partenze e di / ritorni, però una cosa ho imparato... / che si potrà anche soffrire, star male, / piangere fino a sentirti doloranti gli / occhi... ma ci si rialza sempre, perché / nulla è più importante di noi stessi e della / nostra vita, che è il dono più prezioso / che abbiamo...".