

Un tempo piccolo
Serenella Antoniazzi
2020
Proprio come sulla sua copertina l’intero libro, Un tempo piccolo (da cui recentemente è stato tratto un film, Per te, diretto da Alessandro Aronadio), assomiglia a una fotografia, anzi, a una sequenza di fotografie, o se vogliamo di selfie, scattate giorno dopo giorno e ogni giorno da più vicino.
Fotografie che raccontano la storia di Paolo e del suo carattere esuberante (“volevi vivere come Peter Pan” ricorda Michela), di Paolo e della sua famiglia, di Paolo e della sua malattia, l’Alzheimer, che lo colpisce precocemente (intorno ai quarant’anni, come già era successo con suo padre), distorcendo la linearità di un percorso esistenziale altrimenti del tutto ordinario.
Con molta precisione ogni inquadratura è messa a fuoco dalla sua compagna, Michela appunto, in seguito moglie e madre dei loro due figli, Mattia e Andrea, affinché Paolo, ascoltando e rivedendosi, possa continuare a ricordare, seppure a sprazzi e con sempre minor puntualità la sua e la loro vita assieme.
E così Paolo ne rivive intere stagioni, seppure in maniera discontinua: dalle prime esperienze lavorative ai loro primi appuntamenti si arriva così alla convivenza e poi al matrimonio, nella assoluta normalità dello scenario di un piccolo borgo veneto e in un altrettanto piccolo appartamento, denso di passione e complicità così come di contrasti e difficoltà.
Risaltano infatti pagina dopo pagina, inquadratura dopo inquadratura piccoli difetti, qualche ombra, forme in controluce, errori di prospettiva (quello che appare in tutte le fotografie di famiglia) e gradualmente però si delinea la cruda peculiarità della condizione di Paolo, prematura quanto inarrestabile.
Quelle che per Michela sembravano banali e a volte antipatiche scappatoie o disattenzioni da parte di Paolo altro non erano che le avvisaglie e le prime manifestazioni della malattia (o per lo meno da queste venivano accentuate).
La nascita dei due figli e la contemporanea e crescente dedizione al marito sconvolgeranno l’equilibrio domestico e quello più intimo di Michela che, con enorme fatica ma anche con risoluta fermezza ne dovrà affrontare la gestione, resa oltretutto più problematica dall’età di Paolo.
Emerge così uno dei temi più inquietanti e sicuramente più urgenti del libro, ovvero la specificità di casi come questo, che con l’insorgere precoce della demenza determina un approccio del tutto particolare e al contempo spiazzante. Ogni aspetto normalmente riconoscibile e trattabile della malattia infatti, dall’ansia all’aggressività all’ipermotricità al parossismo, collide violentemente con la vitalità di un individuo sano e in piena maturità fisica ed intellettuale, accentuando così lo strazio emotivo e oggettivo per i familiari insieme a un conseguente sconvolgimento esistenziale e sociale.
Per fare un esempio, non tutte le strutture assistenziali hanno programmi adatti a valutare e gestire questo genere di emergenza e, racconta Michela, soltanto un incontro quasi casuale con l’allora governatore della regione consentirà finalmente l’ingresso di Paolo in una struttura idonea, dove i pazienti, tra le altre cose, vengono coinvolti in attività sportive, nel caso di Paolo la pallacanestro, normalmente non contemplate in un percorso terapeutico e assistenziale.
D’altro canto però, Paolo attraversa frequenti momenti di lucidità e consapevolezza e con ciò subisce la frustrazione per l’impatto della sua condizione sul presente, si addolora per l’irrevocabilità del passato che intuisce nella sua lontanissima vitalità e si affligge per l’impossibilità di garantire un futuro a se stesso e alla sua famiglia (che soprattutto con il figlio più grande, Mattia, sarà invece il suo più solido supporto).
Tuttavia, è proprio da Paolo che proviene impellente l’invito, o meglio l’imperativo rivolto alla moglie di condividere la loro storia, in ogni suo dettaglio (dai più intimi ai più comuni), in ogni suo scoglio (ognuno più imprevisto e appuntito dell’altro), in ogni suo cimento e variazione (la casa, il lavoro, i punti di vista) affinché possa diventare anche per altri un sostegno (seppure consapevoli, Michela come chiunque, dell’unicità di ogni singola condizione).
Così, nel dettagliato resoconto di Michela (che l’autrice della stesura definitiva del libro, Serenella Antoniazzi, riporta su esplicita indicazione della narratrice e con assoluta fedeltà) non viene taciuto nessun sentimento e la frustrazione, la rabbia, la disillusione, la paura si mostrano con estrema chiarezza insieme al coraggio, all’abnegazione, alla generosità e all’amore, finendo per costituire il fondale di queste fotografie di famiglia, nitido, resistente al tempo e a suo modo colorato, movimentato e commosso.
