

Jules
Anno di uscita 2023
Milton (il premio Oscar Ben Kingsley) è un anziano solitario, la cui unica occupazione è quella di presentarsi al consiglio comunale aperto ai cittadini, durante il quale fa sempre lo stesso intervento (cambiare il motto della città e mettere l’attraversamento pedonale in un determinato punto). I suoi appelli, come quelli di una sua concittadina non vengono mai presi sul serio; il suo per il ripetersi costante e instancabile degli stessi suggerimenti, quelli dell’amica perché ogni volta cambia la proposta.
Già questo ci fa intendere la trama principale del film, la solitudine di due anziani che, pur avendo figli, sono costretti a inventarsi delle attività per poter fruire della considerazione e della vicinanza degli altri. La figlia di Milton, comprende benissimo che il padre ha una qualche forma di decadimento cerebrale, quando trova barattoli di cibo in bagno e altre stranezze tipiche della demenza, e riesce dopo molti tentativi a portarlo da una specialista. Ma, come spesso accade, l’anziano si rifiuta di prendere atto del fatto che ha bisogno di aiuto e tira dritto per la sua strada, facendo aumentare la preoccupazione del caregiver.
Una notte sente dei rumori, vede delle luci e uscendo dalla sua casa trova nel giardino una navicella spaziale caduta. Da quel disco, ne esce un alieno silenzioso, dagli occhi grandi e dolci. Milton non ha alcuna remora e, dopo qualche attimo di smarrimento, accoglie il viaggiatore intergalattico, aiutato da due sue amiche, Sandy (Harriet Sansom Harris) e Joyce (Jane Curtin), accudendolo per giorni.
La trama è semplice ma in realtà sottende un tema molto profondo e disarmante. La vecchiaia, la solitudine e la paura della morte.
Milton, Sandy e Joyce sono persone abbandonati dai propri cari, anche se la figlia di Milton si prende cura sporadicamente del padre, relegati in un angolo dalla società che, sbuffando, cerca di includerli per pietà. Sono feriti, segnati dal tempo: chi ha troncato i rapporti con un figlio, chi non vede da tre anni la figlia lontana, e chi, invece, non ha mai avuto qualcuno al proprio fianco. Un bagaglio di esperienze pesante che solo un alieno riuscirà a comprendere e, in qualche modo, ad alleggerire.
Jules (come viene battezzato l’extraterrestre), infatti, è il bisogno fondamentale e necessario di ogni essere umano di essere ascoltato, capito, di trovare qualcuno disposto a farlo, non importa se sia il postino, il consiglio cittadino o un alieno. Il regista (Marc Turtletaub) riesce ad affrontare questo argomento con leggerezza, alternando battute con humor e con scene profondamente drammatiche.
La sua regia, dai colori brillanti e le inquadrature nitide, non cela nulla, punta l’obiettivo sui soggetti che, non potendosi nascondere, mostrano tutte le loro emozioni in maniera chiara: gioia, tristezza, paura, rabbia e, infine, accettazione.
Jules non è il classico film sugli alieni, di quelli che ci raccontano la paura del diverso, del razzismo e dell’accoglienza. È un film sull’uomo e l’anzianità, sulla paura della solitudine. Jules è come memo sul comodino che ci ricorda, appena svegli, di essere più empatici, di notare chi non è protagonista, di essere quell’extraterrestre dagli occhi comprensivi per chi ci sta accanto. Può un alieno capirci meglio di un nostro simile? La risposta si trova in sci-fi delicato, divertente e commovente.