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The Father - Nulla è come sembra

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The Father - Nulla è come sembra

Anno di uscita 2020

Ci sono mille modi raccontare la demenza, l’Alzheimer; tutti giusti e tutti inevitabilmente sbagliati. Parlarne da parte di terzi (anche se caregiver) porta inevitabilmente alla semplificazione, alla perdita di pezzi importanti della vicenda ritenuti poco significativi o addirittura fastidiosi (come se i malati per conto loro non ne avessero perduto abbastanza ricordi di vita), a causa del punto di vista del narratore che riconduce tutto al proprio di vissuto.


Parlarne costruisce una gabbia intorno al malato che i più possono scambiare per doverosa, allo scopo di difenderli dal mondo che corre a una velocità superiore alle possibilità del “demente”; altri potrebbero invece risentirsi per un comportamento da quasi regime carcerario.


Da qualsiasi parte la si guardi, questa malattia appare diversa o per lo meno unica, a seconda dall’interlocutore, ma in realtà produce manifestazioni del tutto simili per un occhio uso a trattarla.


Ogni modo di raccontarla è lecito e arricchente, ma il massimo risultato si avrebbe se tutto fosse visto con gli occhi del paziente. Questo sembra accadere in questa pellicola. Il sottotitolo (Nulla è come sembra) ci avvisa però che quel che vedremo potrebbe non essere la realtà.


In questo quadro di (in)certezze si colloca il film del 2020 diretto da Florian Zeller, al suo esordio alla regia. Il regista è anche l’autore della pièce teatrale omonima (Le Père) che ha riscosso unanime e positivo consenso nel mondo. Degna di essere vista appare anche la prima trasposizione (Florida) cinematografica del 2012 interpretata da un grande del cinema francese, Jean Rochefort.


The Father - Nulla è come sembra, interpretato da Anthony Hopkins (che ha vinto con questo ruolo il suo secondo Premio Oscar) in stato di grazia e da una straordinaria Olivia Colman, narra dei rapporti tra padre e figlia in un arco di tempo abbastanza limitato.


La figlia, Anne, va a trovare come sempre il padre Anthony, rimproverandolo bonariamente di aver trattato male la caregiver e comunicandogli che si sarebbe trasferita a Parigi dal nuovo fidanzato. Lui tra un ricordo e una dimenticanza nega di aver insultato la caregiver, affermando tutto e il contrario di tutto, chiudendo la vicenda con l’affermazione che la ragazza era una ladra. Gli ha rubato l’orologio che lui aveva lasciato, tendendogli una trappola, in bella vista. Ovviamente non ricorda dove ma quando Anne lo ritrova, Anthony, per nulla turbato, afferma che fortunatamente l’aveva ben nascosto altrimenti la caregiver lo avrebbe preso. 


Anne fissa un colloquio con una nuova badante; il padre dopo averla affascinata con varie blandizie (le dice di somigliare all’altra figlia che in realtà è morta) e raccontato bugie (si spaccia per ballerino, facendo anche un grazioso passo di danza, lui che era un ingegnere) inizia a trattarla male e infine, insultandola, ribadisce che può vivere senz’altro da solo.


Il film prosegue con vari colpi di scena. Anthony si ritrova in casa un uomo che afferma essere il marito della figlia (Anne ha divorziato da svariati anni), la figlia che tornando dalla spesa perché il marito l’aveva avvisata dello stato confusionale del padre è un’altra attrice. La stessa donna successivamente cambierà ruolo diventando prima la caregiver e poi l’infermiera della casa di cura dove verrà ricoverato, mentre il marito di Anne si trasformerà in medico. La casa diverrà alternativamente quella del padre e quella della figlia, mantenendo, a volte, l’arredamento, altre cambiandolo.


Nel frattempo, la figlia tornerà a essere Olivia Colman, il marito cambierà di nuovo e così via per disegnare un quadro di malattia in uno stadio avanzato, nel quale risulta difficile anche raccapezzarsi ma indubbiamente mette in risalto lo stato del malato, tra sprazzi di lucidità (pochi in realtà) e vaneggiamenti.


Tutto lo svolgersi del film è condito da siparietti a volte divertenti, altri tristi e non consolatori, legati da un unico filo conduttore: la visione della vicenda da parte del padre.


Al termine, Anne si sarà trasferita a Parigi, va a trovare il padre quasi settimanalmente. Anthony è sconsolato, si rende conto che ormai è vicino alla fine, si sente abbandonato, realizza che il punto fermo della sua vita era rappresentato dalla figlia; unica certezza definitivamente svanita e ha un crollo emotivo, abbandonandosi sul petto dell’infermiera e chiamando ripetutamente la propria madre, affermando di star "…perdendo le foglie…".


Fin qui, a grandi linee la trama, ma è consigliabile vederlo per apprezzare le sotto-trame, gli episodi, gli scambi di attori e gli equivoci che ne nascono, forte di una scrittura poderosa, figlia dell’originale teatrale. Il punto di vista della vicenda è senza dubbio quello del padre e non si fa fatica a volte a immedesimarsi in lui, per quanto alcune situazioni siano al limite del reale. Da non perdere la mimica di Anthony, in particolare quella facciale, che sottolinea, evidenzia, contraddice o ribalta quando si sta vedendo.


Per chi ha familiarità con la demenza, probabilmente, nulla di nuovo. O forse sì, perché il film ci costringe a vedere la demenza dall’altro punto di vista, non meno importante, quello del malato. Dove la consapevolezza, spesso sporadica, getta il malato in uno stato di sconforto tale che non possiamo neanche immaginare.


Questo film può aiutarci a essere maggiormente comprensivi del comportamento quotidiano dei malati di demenza. 

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